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Recentemente il legislatore sia centrale che locale ha dedicato un particolare sforzo per favorire l’utilizzo di TMan nelle PMI, quale strumento per aumentarne la competitività.


Il primo esempio di legge italiana che riconosce il TM e le società che lo forniscono è la legge 7193 (1997) della Regione Umbria, cui va riconosciuto il merito di interpretarne nel giusto modo i principi (elevata seniority; interventi per innovazione e diversificazione, a livello di top management e funzionale; necessità di un progetto con obiettivi ben definiti; intervento anche attraverso società specializzate).


Oggi la Commissione Lavoro della Camera sta attualmente lavorando ad un disegno di legge (il 5421 del 2004) che prevede agevolazioni fiscali per interventi nelle PMI.


Un’ottima e recente articolazione viene dalla Regione Friuli Venezia Giulia (legge nr.4, 3/2005), che prevede incentivi per l’utilizzo di manager a tempo che, a fronte di un business plan definito, aiutino le PMI a gestire progetti di

  • crescita dimensionale (aggregazioni, fusioni e accordi interorganizzativi)
  • processi di internazionalizzazione (creazione di reti commerciali all'estero, sviluppo strutturato di relazioni internazionali)
  • razionalizzazione degli assetti gestionali e organizzativi
  • situazioni di successione generazionale
  • processi di ricapitalizzazione o di riordino degli assetti di governo societario anche attraverso l'apertura a terzi.

Molta attenzione si presta al profilo del manager, alla valutazione della sua coerenza con il business plan, e alla sua capacità di trasferire competenze: la Regione, infatti, incentiva anche iniziative di tirocinio formativo collegate alla permanenza del TM in azienda.



Il quadro normativo, quale elemento facilitante dell’incontro tra domanda e offerta, è importante, ma non sufficiente per innescare una dinamica positiva nel mercato: bisogna, in contemporanea, creare nelle PMI quella cultura di gestione che consenta loro di comprendere i nuovi strumenti, apprezzarne i vantaggi e utilizzarli correttamente.


Le PMI si trovano oggi più frequentemente che in passato di fronte a significative discontinuità e, a differenza della grande azienda che mobilita grandi risorse per pianificare e gestire il “salto”, spesso non hanno al loro interno le competenze necessarie per gestire processi complessi nei tempi ultraveloci imposti dalle situazioni di mercato.

Può essere necessario allora iniettare in azienda nuova managerialità capace di agire da facilitatore e acceleratore del processo di cambiamento e di introdurre stabilmente in azienda le capacità critiche richieste: in questo senso il TMan rappresenta un ragionevole punto di equilibrio tra bisogno di managerialità e vincoli economici.

I vantaggi rispetto a soluzioni più classiche sono evidenti:

  • l’assunzione di un dirigente permanente potrebbe creare problemi sia dal lato costi (in senso assoluto come appesantimento della struttura di costi fissi di lungo periodo, ma anche in senso relativo in considerazione dell’impatto che la scelta avrebbe sull’equità interna), sia dal lato “relazionale” per le naturali resistenze e la possibile demotivazione del management esistente. Infine, il manager, abituato a muoversi in grandi contesti, potrebbe alla lunga non adattarsi ad un ambito in tutti i sensi più ristretto.
  • la consulenza finalizzata alla messa a punto di una serie di meccanismi e processi operativi potrebbe non essere indicata sia per il difficile passaggio dalla definizione della soluzione alla sua reale implementazione sia per la difficoltà di trasferire competenze alle persone dell’azienda.

Si pone allora la domanda su quale sia il livello più opportuno per un progetto:
  • quello di gestione globale dell’impresa oppure
  • quello di gestione e ottimizzazione di una singola area funzionale critica per la crescita?

Posto che le PMI sono per lo più imprese imprenditoriali, dove sono presenti l’imprenditore stesso e, in varia misura, altri rappresentanti del nucleo familiare è oggettivamente difficile che sulle scelte strategiche e sulla gestione generale l’imprenditore accetti di delegare in maniera sostanziale le proprie prerogative ad un manager “di passaggio”.



Inoltre nelle PMI esiste una forte unitarietà e promiscuità di gestione tra interessi familiari e interessi dell’azienda, che l’ imprenditore mal gradisce siano conosciuti o addirittura gestiti da manager esterni. Salvo ovviamente che una soluzione di TM venga generata da pressioni esterne all’impresa (es. le banche nel caso di crediti a rischio o di concessione di finanziamenti oltre la norma).

Il tema dell’ “ottimizzazione funzionale” diventa quindi quello su cui meno pesano i vincoli di natura culturale: infatti nelle PMI le risorse umane “chiave” hanno in genere un’elevata anzianità aziendale, e, spesso cresciute con l’azienda stessa, possono mostrarsi e sentirsi inadeguate a gestire situazioni sempre più complesse, finendo col creare situazioni di tensione personale e nell’organizzazione.

In particolare, esistono aree che più di altre possono risentire della tensione da crescita e da “raggiunto livello di incompetenza” e in cui può rivelarsi necessario ricorrere al supporto di un manager che operi da vero e proprio coach del manager presente in azienda.

Perché questo tipo di operazioni abbiano successo sono necessari alcuni accorgimenti:

  • massima trasparenza nei confronti del manager oggetto del coaching (messaggio: l’azienda sta investendo su di te perché ha scelto te, il TM è qui per aiutarti)
  • salvaguardia della sua immagine e credibilità interna; a tal fine il TM potrebbe entrare come consigliere della Direzione Generale con responsabilità progettuale su certe aree.

Sono varie le aree di possibile intervento legate all’aumento della complessità gestionale:
  • la logistica e la gestione integrata della supply chain
  • l’espansione della capacità produttiva
  • la costruzione di una rete vendita efficace
  • l’implementazione di sistemi informatici ERP
  • le strategie di internazionalizzazione

Un caso a parte è quello del ricambio generazionale in cui il TM agisce come coach nei confronti dei componenti della famiglia prescelti per gestire una data area aziendale, al fine di garantire un passaggio di consegne alla generazione successiva non traumatico e di creare e rafforzare le competenze di gestione necessarie allo sviluppo organico dell’azienda.



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